Sono nata in Campania, dove sono cresciuta con la cura e la protezione dei miei nonni paterni insieme a fratelli e cugini. Da adolescente mi sono trasferita a Roma dove viveva mia madre. In quel periodo ribelle e trasgressivo fuggivo spesso per andare a incontrare gli artisti che dipingevano nei più importanti Atelier di Via Margutta. Sentivo forte il richiamo all’arte pur essendone ancora quasi completamente a digiuno. Dopo una serie di vicissitudini, anche tragiche della mia vita, durante l’inaugurazione di una mostra di pittura organizzata da alcuni amici incontrai l’artista Pasquale Verrusio. E fin da subito me ne innamorai follemente. A 18 anni fuggii definitivamente da casa di mia madre. Aveva trent’anni più di me, divenne il mio compagno di vita, poi mio marito. Fu un grande talento artistico che in molti conoscono e molti altri dovrebbero conoscere per sapere che sulla sua arte c’è ancora molto da scoprire.
Gli anni con lui se da un lato furono di grande delusione e sofferenza, a causa della nostra differenza di età che non era ben vista dalla mentalità piccolo-borghese da cui eravamo circondati, dall’altro lato furono meravigliosamente avventurosi: anni di scoperta di me, della mia arte, della pittrice che sentivo di essere e che finalmente trovava un terreno fertile sul quale crescere. Furono anni di grande passione per la pittura per il mio percorso di formazione e insieme anni di grande passione amorosa.
Alla ricerca di una vita più autentica, che Pasquale perseguiva già da tempo, per una mia strana veggenza, costruimmo il nostro atelier in Abruzzo, sulla Costa dei Trabocchi.
Come allieva di Verrusio, feci molte opere in cui il mio amato maestro riconobbe in me la stoffa della pittrice tanto da darmi un nuovo nome che secondo lui rappresentava la mia essenza. Un nome che non è solo un semplice nome d’arte, ma nel tempo è diventato l’unico autentico nome in cui mi riconosco: Eteras, il nome della mia vera nascita.
La mia prima opera originale, come succede spesso agli artisti, nacque per caso. Camminando sulla spiaggia di Ladispoli a Roma trovai una bambola alla quale si era staccata la testa e per ridarle un corpo la infilai sul collo di una bottiglia scura di lambrusco. Fu così che iniziai a dipingere bottiglie con la testa di bambola. Il trionfo della vita sulla morte. Da quel primo dipinto ho sviluppato una serie di opere surreali intorno a questo tema, ma non immaginavo, allora, che stavo toccando uno dei temi che poi si rivelerà essere tra i più importanti sia per il mio percorso di crescita artistico-spirituale, sia per la sopravvivenza della mia vita corporea su questo pianeta.
Continuai per anni a lavorare incessantemente ogni giorno, educando il mio sguardo a vedere oltre il visibile. Mi venne l’intuizione della metamorfosi corpo-paesaggio: stimolavo la mia creatività all’osservazione di un paesaggio in cui immaginavo di scorgere figure umane. In paesaggi americani ho raffigurato sciatori sulle baite che si riflettono sulle vetrate, ho dipinto la Monument Valley, lo Utah e alcune scene di vita country americana
Nelle vetrate si specchiano l’interno e l’esterno riflessi su di esse annullando lo spazio naturale in funzione di uno spazio metafisico, dove le figure frantumate dalla luce esistono nello spazio dell’assenza presenza come in una manifestazione onirica dove la molteplicità del tutto appare nell’interezza dell’uno e l’uno nella molteplicità del tutto.
Amo dipingere fiori. I miei fiori sbocciano sempre nel momento di massimo splendore o di incipiente decadenza, tra lo splendore dei colori della vita e lo splendore di quelli della morte.
Mi sono avvicinata al tema della morte, che in genere suscita paura nelle persone, per alleviare il dolore dopo la scomparsa di mio marito e poi quella di mio padre. Gli uomini più importanti della mia vita.
Interrogandomi sul senso della vita cercavo risposte dalle mie lettere dell’epoca tra le quali: il libro tibetano dei morti di Bardo Thodol, Marie-Louise Von Franz, James Hillman, Carl A. Jung, Osho Raineessh, Bert Ellinger, Georges I. Gurdjieff e tanti altri, grazie a loro ho cominciato a guardare il fenomeno della morte non più come a una tragedia, ma come a un momento di transizione dimensionale, una trasmigrazione, un viaggio. La morte non segna la fine di un’esistenza, ma una continuità della stessa oltre la vita. Lo studio dello sciamanesimo poi mi ha portata a esplorare artisticamente altre dimensioni.
La ricerca di quell’oltre che sento pulsare dentro le vene mi porta a indagare sempre nuovi orizzonti, come il mio essere donna. Le fasi di vita di una donna sono legate alle fasi lunari. Le esploro attraverso il tema della maternità per rappresentare il forte legame con la terra. Le donne hanno il potere di generare e mettere radici. Le mie opere sono i miei figli oltre ad essere figli del mondo.
Se volete saperne di più sulla mia storia e sull’essenza della mia arte, o semplicemente volete godere delle originali stanze colorate, circondate dal verde e dall’azzurro del mare, della mia dimora sulla Costa dei Trabocchi, vienitemi a trovare.
Per scoprire di più riguardo Pasquale Verrusio è possibile visitare il sito a lui dedicato.
https://www.verrusioeteras.it
Per contattarmi:
eterasverrusioart@gmail.com